Di acqua sotto il ponte ne è passata così tanta che non è possibile qui raccontarla. Ha scavato la roccia, questo è certo. Ha reso più morbide certe durezze, ha reso più resistenti certe morbidezze. Ha smussato molti angoli, ha alimentato molte vite e annegato altre, scoprendo abissi nascosti e portandovi la luce, o facendo crollare tante sicurezze e portandovi il buio. Resta certo che, a distanza di 10 anni sono di nuovo qui a cercare di raccontare qualcosa, a chi, nemmeno lo so, forse solo a me stessa, ma va bene anche così.
Oggi io e Pietro, che ha raggiunto splendidamente i 24 anni, assieme alla nostra fedele Babette, abbiamo voluto con determinazione affrontare il giro che abbiamo battezzato col nome “Sotto gli occhi del Visconte”.
Carnino superiore (Surán) - passo delle Mastrelle - Passo della Croce - Cresta della Gallina - vallone dei Maestri - chiesetta di Sant’Erim - Carnino Superiore.
Circa 750 mt di dislivello complessivo in salita più qualcosina di saliscendi del sentiero. Niente di difficile. Niente di impossibile. Unicamente una piccola sfida con noi stessi.
Per noi questo è il “giro del cuore”, un commovente ritorno a casa. È incredibile come l’amore verso un luogo possa essere così forte e denso. Così è per noi questo angolo di Alpi Marittime caratterizzato dalla sua natura carsica, che lo rende unico e meraviglioso. Perché qui tutto il “fuori” racconta di un “dentro”. E anche il rumore degli scarponi sul sentiero ha un suono tutto suo, riconoscibile tra mille. E i profumi, i colori, le forme, i fiori. Personalmente ho iniziato a frequentare questi sentieri 39 anni fa. Allora avevo 16 anni e furono queste montagne ad accogliere le mie prime escursioni di più giorni in totale autonomia. Eravamo un gruppo di cinque amici di 16 e 17 anni, tutti legati dalla stessa passione per la montagna. Da allora ho percorso numerosi altri sentieri di altri tratti alpini, in molti altri contesti, ma loro restano le “mie” montagne, la “mia casa”. Ci portai Pietro ad appena 3 mesi di vita: partecipavo ad un campo speleologico. Questa esperienza ha impresso il suo segno nel cuore del mio cucciolo, che allattavo al seno sotto gli occhi del Visconte, e lo ha per sempre legato a sè. Pietro sente un fortissimo legame con questi luoghi e tutti gli anni vuole tornarvi per salutarli e riappropriarsi di qualcosa di “suo” da portare con sé ovunque lui sia. Una energia e un afflato spirituale che lo sorregge nel corso della sua vita. Una sicurezza. La natura “casa”, insomma, dalla quale allontanarsi con quella sensazione di avere un luogo a cui tornare, pieno di ricordi, valori, intenzioni, essenza, persone care, bellezze naturali senza confronti.
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| Pietro, in salita verso l’attacco delle Mastrelle |
Ma vi chiederete: chi è il Visconte? Partiamo da qui. Il Visconte è lo spirito di queste vette, con i loro valloni, le creste, le grotte, i boschi, i fiori di roccia che trasudano calcare. È un nome di speleologica origine (è noto che gli speleo hanno una sterminata fantasia nel dare nomi originali a luoghi, anfratti, emozioni) che ben ne descrive il carattere nobile e magnifico ma anche severo e potente. Esso è fisicamente rappresentato principalmente dal torrione roccioso del Ferà che a guardarlo da certe angolazioni (ad esempio dalla piana della Chiusetta) sembra un pugno chiuso in un gesto di divieto al passaggio.
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Passo delle Mastrelle. Sullo sfondo il Visconte ci tiene d’occhio (Rocche del Ferá) |
Da qui l’abitudine, che si dovrebbe tenere presente sempre, quando si entra in un luogo naturale di qualsiasi genere, di chiedere il permesso, e di attendere la risposta. Una risposta che può arrivare sotto forma di nube, di suono, di passaggio di uccelli, di voci sussurrate all’anima. Ci si deve “connettere”: si deve essere determinati nella richiesta, ma soprattutto molto umili e rispettosi nel considerare la risposta. Due giorni fa chiedemmo il permesso e non ci venne accordato: il Visconte era cinto di nubi e uno scroscio di pioggia ci invitò a tornare indietro. Oggi invece il permesso ci è stato dato. Abbiamo percepito che il Visconte non aveva nulla in contrario e siamo entrati, in punta di scarpone, ringraziando. Tutto questo giro non tocca volutamente nessuna vetta, ma si limita a considerarne le pendici in un anello molto interessante, sia dal punto di vista della storia della speleologia che delle caratteristiche morfologiche e naturalistiche del territorio attraversato. È un giro che a buone gambe richiede poco più di mezza giornata e quindi non è impegnativo nemmeno nelle tempistiche. Inoltre ha il suo piccolo lato “sportivo” nella salita al passo delle Mastrelle, in quanto ci si ritrova a percorrere la gran parte del dislivello tutto racchiuso in questo canalone appeso, dominato da un sasso erratico che sembra dover cadere da un momento all’altro sulla testa di chi si accinge all’impresa. Man mano che ci si avvicina alla soglia glaciale del passo, le pareti di roccia si stringono quasi a voler abbracciare chi sale (o a volerlo respingere, a seconda dell’umore del Visconte) e ci si ritrova immersi nel silenzio delle pietraie, interrotto solo dal chiacchiericcio dei gracchi corallini che, disturbati dal nostro arrivo, sebbene silenzioso, si alzano in volo dalle loro zone di posa sulle rocce. Ci si eleva in fretta e quando finalmente si giunge sull’alto piano erboso di Piaggiabella, si può riprendere a respirare.
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Il tipico sasso erratico sulla sommità del Passo delle Mastrelle |
Tutto si allarga, intorno a noi, dentro di noi e dentro alla montagna. Poco più in alto infatti il vallone, delimitato sulla destra dalla linea erbosa ben riconoscibile del Col del Pas e contraddistinto da numerose doline e avvallamenti carsici, nasconde l’ingresso della grotta più famosa di questo complesso, Piaggiabella. Salendo di poco lungo il sentiero, si rende subito visibile sulla destra la Capanna Saracco Volante, rifugio di speleologi, e base per le esplorazioni sotterranee che han fatto la storia di questi luoghi.
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La Capanna Saracco Volante nella conca di Piaggiabella con sullo sfondo il Col del Pas |
Di fronte a noi i contrafforti meridionali del Marguareis preannunciano la vetta, da qui raggiungibile in breve attraverso il Passo delle Capre, e affiancata a destra dalle ben visibili pareti di Punta Emma e Cima Pareto, che costruiscono uno sbarramento roccioso di notevole bellezza.
Non ci lasciamo ingannare dalle numerose tracce di sentiero che ci porterebbero a sinistra verso le cime prospicienti la Chiusetta e saliamo ancora dritti seguendo i segnavia bianchi e rossi dell’AltaVia, per raggiungere in breve il Passo della Croce, la quota più elevata del nostro giro (2146 mt s.l.m).
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| Il Passo delle Mastrelle visto dal Passo della Croce |
Prendendo la direzione a sinistra salutiamo la conca di Piaggiabella; con un gradevole saliscendi il sentiero ci porta alla testata della Cresta della Gallina, contornata dalle sassifraghe, e poi giù al Vallone dei Maestri dove ci ricongiungiamo con il sentiero principale che da Carnino Soprano raggiunge il Rifugio Don Barbera. A questo punto iniziamo a scendere, giungiamo al gias dei pastori e facciamo la nostra breve sosta pranzo alla chiesetta di Sant’Erim. È proprio lì che avvistiamo quelli che presumibilmente erano due Bianconi, in volo acrobatico sopra di noi: è una specie migratoria ma può nidificare nelle nostre Alpi. Più di questo non potevamo chiedere!
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| L’affascinante Cresta della Gallina |
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| La chiesetta di Sant’Erim |
Il culto a Sant’Erasmo, che in molti luoghi d’Italia è protettore dei marinai, sembra fuori contesto su queste montagne eppure in qualche modo questo santo è stato sempre venerato dalle comunità pastorali brigasche, forse perché un episodio della vita del santo lo riconduce alla protezione nei confronti dei fulmini, molto temuti dai pastori e dai frequentatori delle alte quote.
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Una marmotta “sentinella” fischia al nostro passaggio
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| Stella alpina (protezione totale) |
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| Sassifraga presso la Cresta della Gallina |
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Semprevivo dei tetti sulla finestrella di Sant’Erim |
Mettiamo il passo in modalità discesa e in breve giungiamo alla Chiusetta, una piana erbosa utilizzata come pascolo dai pastori e come campo base speleologico negli anni 2000, per l’esplorazione della interessante grotta de La Bassa il cui ingresso si apre in una fessura in parete.

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Dalla piana della Chiusetta, la parete dove si apre l’ingresso de La Bassa, sotto il vigile sguardo del Visconte
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Il nostro pensiero va ai campi speleo del GSI, e agli amici che non ci sono più, i cui passi risuonano ancora su queste pietraie selvagge.
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| Sosta nella gola della Chiusetta per una preghiera |
Siamo sulla via del rientro. Non parliamo più, questo tutto resta chiuso nei pensieri. Salutiamo e ringraziamo un’ ultima volta il Visconte. Rientriamo a Carnino un po’ stanchi, ma soddisfatti e pieni di energia.
[Tempo di salita del Passo delle Mastrelle da palina (1650 mt) a palina (2023 mt): 34 minuti. Record personale da battere o forse solamente da conservare. ]
Buon passo a tutti ❤️ Alègri!