La Via prosegue senza fine
Lungi dall'uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
Devo inseguirla ad ogni costo
Rincorrendola con piedi alati
Sin all'incrocio con una più larga
Dove si uniscono piste e sentieri.
E poi dove andrò? Nessuno lo sa.

J.R.R. Tolkien - La Compagnia dell'Anello

mercoledì 23 luglio 2025

Sul sentiero di Elisabetta

Il meteo non permette stravaganze. In montagna non si deve rischiare: sempre di più si sentono incidenti e interventi dei soccorsi per recuperare escursionisti in difficoltà perché imprudenti o male attrezzati. La montagna insegna a dire a se stessi “Oggi no, si torna indietro” e spesso questo è difficile dopo aver pianificato una gita, averne già assaporato il sapore ed essersi svegliati all’alba. Così è successo a noi sabato scorso 19 luglio, rimandati al mittente da una perturbazione piuttosto consistente, che da subito ci ha fatto capire che non sarebbe passata in tempi utili per salire con sicurezza sul percorso che noi chiamiamo “Sotto gli occhi del Visconte”. Tornati all’auto decidiamo però di non abbandonare del tutto i luoghi e ci spostiamo a Carnino Sottano: possiamo almeno tentare di arrivare alla gola delle Saline. Pietro non ha mai percorso quel vallone e mi fa piacere fargli scoprire qualcosa di nuovo. Iniziamo a salire nel bosco sopra il bellissimo abitato di Carnino Sottano, fermandoci a raccogliere le fragoline di bosco che fanno capolino, mature al punto giusto ed abbondanti. Le consideriamo un bel regalo e un ottimo invito a proseguire. Poco sopra già si sente il “profumo” e lo scampanare di una mandria: due uomini sono intenti alla mungitura a mano ed è bellissimo osservarne i gesti sapienti e quella cascata bianca travasata dal secchio al recipiente in metallo. Sapori antichi che sopravvivono in questi angoli di montagne. 

Il pascolo sopra Carnino Sottano

Giungiamo in breve al bivio che, preso a destra, porterebbe alle Selle di Carnino, storici pascoli della zona, e che continuando giungerebbe, passando per la bellissima risorgenza delle Vene con omonima grotta, al Rifugio Mongioie e al settore più orientale di queste montagne. Giriamo a sinistra e passiamo alle spalle del Rifugio Ciarlo Bossi, di uso esclusivo del GES (Gruppo Escursionistico Savonese). Notiamo con piacere che è aperto: scopriremo al ritorno, facendo sosta caffè al rifugio Foresteria di Carnino, che il gruppo ancora si dedica a promuovere l’amore per la montagna nelle giovani generazioni. A loro va tutto il mio rispetto e incoraggiamento a continuare! Il sentiero si inoltra nella valletta, le pareti si stringono e la vegetazione cambia piano altitudinale: boschi di abeti e pinete di pino silvestre si sostituiscono gradatamente alle latifoglie disegnando geometriche simmetrie. 

Bosco di abeti e pini silvestri sulle pendici sud
del gruppo delle Saline
 
In salita sul sentiero
 alle spalle del rifugio Ciarlo Bossi 

Il cammino si fa man mano più impervio e le pareti di roccia si restringono: il ruscello ormai scorre quasi alla nostra altezza, ne sentiamo il canto e ne vediamo chiaramente il tracciato, disegnato dagli alti epilobi che lo circondano. Giunto ad una svolta del sentiero, inoltratosi ormai nel punto più stretto della gola, sento Pietro che esclama “Mamma! Guarda!” È questione di un secondo: davanti a me si materializza una visione fiabesca. Un grande e massiccio esemplare di camoscio, disturbato dal nostro arrivo mentre beveva al ruscello, ci attraversa la strada, salta il corso d’acqua e si porta agevolmente sulle rocce alla nostra sinistra. Ci siamo fermati, a bocca aperta, senza parole, estasiati dalla grazia dei suoi movimenti, dalla sua abilità di arrampicata e dalla sua maestosità. Si può capire anche senza una specifica preparazione che è un esemplare anziano, ha il corpo leggermente insellato e le anche preminenti sotto la pelliccia, ed è completamente solo. Un amico esperto vedendo le foto in seguito ci dirà che abbiamo visto un vero Re, un esemplare maschio anziano con un palco dalle caratteristiche da medaglia d’oro: massiccio, lungo, molto uncinato ma soprattutto alquanto divaricato, caratteristica molto rara. 

Il Re 

Il Re ci osserva nella nebbia
 finché non ci allontaniamo

È il risarcimento migliore che potevamo ricevere: la giornata ci ha comunque regalato un’emozione unica. 
Nonostante il tempo stia velocemente peggiorando, con banchi di nebbia sempre più densi che salgono dalla valle, decidiamo di attraversare la gola e di giungere alla soglia glaciale dove si aprono i pascoli in quota, sotto il Passo delle Saline. 

Raggiungiamo la Gola delle Saline

Il sentiero piano piano ci porta fuori
dalla gola

Decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa presso la croce di ferro dedicata a Elisabetta Pastorelli, morta nella tormenta il 3 dicembre 1883. Quella croce mi ha sempre incuriosita… cosa ci faceva una donna su quel sentiero di montagna, in una giornata di tardo autunno, che in quei luoghi significa già pericolo di nevicate? La sua storia è oggi disponibile in rete, basta digitare il suo nome ed escono alcuni articoli molto belli. Qui mi limito solo a sottolineare la cosa che per me è la più commovente e degna di nota. Elisabetta non era solo una donna di montagna, originaria di Carnino. Era una mamma. Come me, era una mamma di due figli maschi. E quel giorno assieme a lei nella tormenta vi erano anche loro. È stato per salvare loro che lei è morta. Sorpresi da una tormenta di neve al ritorno dalla Valle Ellero dove avevano dei castagneti, poco lontano ormai da casa, sentì di non avere più forze e costrinse i due ragazzini a correre entrambi a casa per chiedere aiuto. Ma gli aiuti arrivarono troppo tardi. Lei era già morta, di fatica e di freddo. 
È a lei che dedico questo nostro breve pellegrinaggio, con la promessa di andarla a trovare ogni tanto, se il futuro mi concederà di poterlo fare e di ringraziare di avere sempre vicino a me i miei due figli. 

La croce dedicata ad Elisabetta
  
La pioggia decide di diventare sferzante e ci fa riscuotere dalla nostra sosta. Rientriamo a Carnino velocemente, non senza una sosta alla Foresteria dove si può godere di ottimi dolci e piatti di montagna. Torniamo a casa più ricchi, più consapevoli e più felici di come siamo partiti, che poi è il vero scopo e il senso del nostro girovagare per monti.  

  

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